Con Corrado Maltese, Galleria San Fedele, Milano, 1977
Scirpa parla di macro-oggetti e mostra immagini; ancora: parla di immagini e mostra oggetti. Ha ragione in entrambi i casi, ma occorre precisare un punto: qual è il limite di un macro – oggetto? Cioè dove comincia una grandezza sufficiente a far sì che non si parli più di oggetti né di “micro-oggetti”, ma di “macro-oggetti” ? Per conto mio mi son data una risposta che sta a Scirpa e all’osservatore verificare: sono micro – oggetti quelli che entrano nell’ “oggetto” che Scirpa fabbrica e che chiama “macro”, ma che – Scirpa lo voglia o non – è l’Oggetto con la O maiuscola, è il Tunnel, è il Forno magico, o Crogiuolo o Abisso, dove si fonde l’immaginario col reale, il serio col giocato, il vero con l’illusorio, e l’Ambiguo trionfa sovrano non come “discorso”, ma come meccanismo immobile, eterno, senza tempo.
Cosa sono infatti le scatole specchianti di Scirpa se non un Oggetto dove si pratica l’abolizione del limite tra il reale e l’illusorio? Cosa sono se non un Oggetto dove in perpetuo e senza remissione si apre la voragine di Dürrenmatt, l’abisso senza fondo, dove infiniti micro-oggetti, scatole, scatoline, barattoli, “cose” tipiche e proprie della nostra mitologia industrializzata, urbanizzata, consumistica precipitano in un ordine perfetto come in una via lattea perfettamente squadrata e scandita senza principio né fine? Stesso discorso per le superfici “double face”: due voragini invece di una e persino reversibili e magicamente coincidenti: la trasparenza unidirezionale torna a diventare bidirezionale, ma con un effetto doppiamente ambiguo, doppiamente abissale. La proiezione nel vuoto come proiezione infinita nel nulla: l’Essere come essere del Nulla.
Stesso discorso – ancora – per i cerchi-luce, i rettangoli-luce, i quadrati-luce: sono anche questi “micro-oggetti ? Certo, questa volta il micro-oggetto si avvicina all’ “Oggetto”, tocca i suoi confini lo attacca e lo comprime dall’interno (una “compressione” alla rovescia!) mettendolo in crisi, e, forse, si identifica con esso: è la luce che disegna il buio o è il buio che disegna la luce? La Voragine è una sottrazione dal pieno-luce o è un pieno – luce che sottrae vuoto – buio e lo definisce, lo circoscrive, lo fa essere? Forse, ecco, il Grande Oggetto si identifica con la Grande Luce, è il grande Ambiguo. Come il Nulla dell’Essere o l’essere del Nulla. Ma se lo spazio-luce simula se stesso prolungandosi in una auto- immagine infinita, la simulazione è, proprio per questo, totale ed irreversibile.
Mi è capitato di sostenere un mese fa a Varsavia, al XXVII Congresso dell’AICA, che il carattere dominante e futuribile oscilla tra creazione pura come metafora microcosmica dell’avventura dell’Essere e iconismo ipericonico. Anche il Grande Oggetto di Scirpa può essere visto come la sede di un iconismo ipericonico, come la metafora di un auto- rispecchiamento infinito dell’Immagine.
Ho posto solo un’ipotesi semantica: a Scirpa verificarla, come ho già detto, e ancora svilupparla e articolarla tra l’Essere- senza- tempo e il Futuribile.
Roma, 23 gennaio, 1976