Tabellone consumistico: oltre l’accumulazione

Di Carmelo Strano

01 Aprile 1992

Con Carmelo Strano alla II Rassegna d'Arte Contemporanea, Fiera Campionaria, Milano, 1987

I periodi eclettici, come l’attuale, consentono i cosiddetti fenomeni di rivisitazione. Ciò vuol dire offrire, di una poetica passata un volto nuovo o diverso: Paolo Scirpa, che diversi lustri fa ha imposto una sua iconografia (ludoscopi, ecc) per mezzo di un originale segno di tipo cinetico, per la prima volta presenta un’installazione di impegno pop. Per quanto letto in premessa , l’artista siculo lombardo non si tuffa in quella corrente: l’attraversa, la controlla, la piega al suo punto di vista comunicazionale ed espressivo. In sostanza, non fa della Pop Art tout court. In altre occasioni ho avuto modo di sottolineare la differenza tra Pop Art e Nuovo Realismo.
Nella sua rivisitazione Scirpa non si cala in nessuna delle due correnti. Professando coerenza con i suoi assunti e modi ottico percettivi, l’artista insiste sul versante della comunicazione. Lo fa assemblando con principio di “horror vacui”, scatolette relative a prodotti di largo consumo: medicinali, profumi, ecc. Gli effetti non sono solo pittorici. Si impone anche un  risultato plastico dipendente dal differente grado di fuoriuscita di questi elementi in rapporto al piano supporto. L’opera non è un quadro grande, è un’installazione progettata ad hoc per la sala dello Spazio ’92. E’ una messinscena solenne, imponente, dinamica, provocatoria. Provocatrice proprio in rapporto al problema della comunicazione. Il dito è puntato sui prodotti di largo consumo e sul loro uso esagerato e acritico, non c’è dunque l’esaltazione dei segnali e simboli della comunicazione massificata, bensì l’intento, appunto provocatore, di stimolare la coscienza critica nel bel mezzo di questa fittissima rete di messaggi capziosi mossi, alla base, da coloro che tempo fa venivano chiamati i persuasori occulti.
Con quali modi espressivi ottiene ciò Paolo Scirpa? Interrompendo la comunicazione. Invocando, credo involontariamente, il principio di Jacques Monod per il quale l’eccesso di comunicazione si tramuta in assenza di essa. E così ammassa questa grande quantità di scatolette. Non casualmente, ma ritmando la narrazione da superbo musicista del pentagramma visivo. E’ il caso,allora, di tirare le somme della sua rivisitazione, una volta indicato l’approdo e l’opera per ciò che essa è. Il dialogo con la Pop patrocina la partenza sul terreno del prodotto consumistico. Sembrerebbe riflettersi anche nell’aspetto quantitativo dell’operazione.
Ma quest’ultimo è da collegare più esattamente al Nuovo Realismo. Infatti mentre il movimento americano si muove totalmente nella dimensione quantitativa, quello italo-francese passa presto dalla quantità alla qualità. La quantità nei nuovi realisti è nel gesto appropriativi  circa i materiali urbani e della tecnologia e nella loro riduzione ad ammassamento (accumulazione, compressione, ecc). Ma tale processo, differentemente dalla Pop, è fatto con piglio testualmente-casuale risalente da una parte a Dada e, dall’altra all’Informale contro il quale Pierre Restany pur si rivoltava.
Scirpa non  si comporta da pop per via che, come si è rilevato, ritma la narrazione con principi che non attengono più alla quantità, ma a una “volontà d’arte” assolutamente autonoma e libera. Ma ciò gli fa solamente sfiorare il Nuovo Realismo. La sua installazione è priva di influenza Dada o Informale, Fontana è vicino.
La sua “qualità” appartiene a un immaginario legato a una dimensione ideologico esistenziale di progettualità docile. La frequentazione di talune mie posizioni teoriche da parte di Paolo Scirpa ha circa dodici anni e quindi tale suo atteggiamento non può meravigliare. La sorpresa per me è nel modo in cui l’artista realizza la propria tensione a rinnovarsi. Se non fossi stato sufficientemente chiaro, si consideri che questa mostra è una novità e un punto fermo nella ricerca di Paolo Scirpa. La sorpresa è quindi nel fatto che c’è ancora qualche artista che pur agendo tra rivisitazione di sé e di altre  situazioni passate, ponga il critico e il fruitore in generale dinanzi a esperienze inedite su cui riflettere: a livello artistico e sociale tra etica ed estetica. Senza lotta di classe, senza i boomerang di certa poesia visiva, ma con determinatezza e fascino attuali.
Milano, aprile, 1992