Sono ormai alcuni anni che Paolo Scirpa centra, quasi in maniera elusiva, il suo interesse sul mondo della grafica preoccupandosi più di raggiungere una vitale e progressiva determinazione espressiva che di misurarne estensioni di relazione (o efficacia).
A questa prima personale a Milano l’artista arriva così maturo di una esperienza di circa duecento incisioni e l’esposizione, per quanto sommaria ed esemplificativa, vale come verifica di una direzione di lavoro, di una scelta – di mezzo e di poetica – non fortuita né ovvia.
Evidente, e dominante, in questi fogli è una viva tensione verso una immagine attiva: Scirpa si vale di temi compositivi classici, come l’iscrizione e il confronto di cerchio e quadrato, non in una prospettiva ottica, non per una “conservazione” dell’immagine ma per una dinamizzata “costruzione”. Il “modulo” è sviluppato e potenziato dall’accumulo di materiali (il linoleum è impiegato per un trasporto singolare di elementi formativi misurati nello spazio sperimentale di un’unica tiratura) e l’immagine risultante appare riconoscibile non per una particolare sopravvivenza o disposizione ripetitiva ma per lo stabilirsi di un nuovo centro d’attenzione.
L’uso di campi geometrici disuguali e concentrici, l’ambiguo sparpagliamento di un campo di visione dichiarato da elementi concorrenti ma non identici seguono il senso di quelle variazioni con le quali l’occhio vede – ma piuttosto trasforma, legge – superfici, spessori, ordini, relazioni di un ambiente dal quale un’individuale realtà non è separabile.
Scirpa appare così legato al mezzo che adopera come a un “tramite dell’immaginazione”, un percorso nel quale cerca di approfondire conoscenza del mondo, movimenti e motivazioni di un’interna, accesa creatività.
Milano, ottobre 1969