Paolo Scirpa

Di Vittorio Fagone

01 Ottobre 1969

Sono ormai alcuni anni che Paolo Scirpa centra, quasi in maniera elusiva, il suo interesse sul mondo della grafica preoccupandosi più di raggiungere una vitale e progressiva determinazione espressiva che di misurarne estensioni di relazione (o efficacia).
A questa prima personale a Milano l’artista arriva così maturo di una esperienza di circa duecento incisioni e l’esposizione, per quanto sommaria ed esemplificativa, vale come verifica di una direzione di lavoro, di una scelta – di mezzo e di poetica –  non fortuita né ovvia.
Evidente, e dominante, in questi fogli è una viva tensione verso una immagine attiva: Scirpa si vale di temi compositivi classici, come l’iscrizione e il confronto di cerchio e quadrato, non in una prospettiva ottica, non per una “conservazione” dell’immagine ma per una dinamizzata “costruzione”. Il “modulo” è sviluppato e potenziato dall’accumulo di materiali (il linoleum è impiegato per un trasporto singolare di elementi formativi misurati nello spazio sperimentale di un’unica tiratura) e l’immagine risultante appare riconoscibile non per una particolare sopravvivenza o disposizione ripetitiva ma per lo stabilirsi di un  nuovo centro d’attenzione.
L’uso di campi geometrici disuguali e concentrici, l’ambiguo sparpagliamento di un campo di visione dichiarato da elementi concorrenti ma non identici seguono il senso di quelle variazioni con le quali l’occhio vede – ma piuttosto trasforma, legge – superfici, spessori, ordini, relazioni di un  ambiente dal quale un’individuale realtà non è separabile.
Scirpa appare così legato al mezzo che adopera come a un “tramite dell’immaginazione”, un percorso nel quale cerca di approfondire conoscenza del mondo, movimenti e motivazioni di un’interna, accesa creatività.
Milano, ottobre 1969