Paolo Scirpa: verso una nuova igiene della visione

Di Pierre Restany

24 Settembre 1986

Con Pierre Restany, Milano, 1981

Paolo Scirpa è il protagonista di un’avventura del tutto singolare: l’innesto fra una struttura luminosa costruita e concepita come una cosa mentale e d’altra parte l’ambiente naturale, l’ambiente monumentale, la cornice della nostra vita quotidiana.
Il linguaggio di Scirpa è il linguaggio del rigore geometrico proiettato sulla luce, la luce del neon, un fenomeno basato sulla linearità della struttura e sull’effetto di prospettiva corrispondente. Scirpa è capace di crearci delle prospettive senza fine e questa illusione ottica che è la matrice di tutti i nostri sogni; realista però lo è l’artista sapendo che una struttura autonoma limita il linguaggio a un fenomeno di perfezione narcisista. Per non invitarci a un narcisismo passivo della contemplazione, Scirpa ha cercato d’inserire le sue strutture linguistiche in ambiente preesistente, ambienti di alto prestigio ed anche di fortissima presenza oggettiva. L’artista ha cercato di affrontare le più spericolate difficoltà ambientali confrontandosi con il Colosseo di Roma, la Piazza San Marco a Venezia, il Ponte dei Sospiri, la Galleria Vittorio Emanuele a Milano, il teatro anatomico dell’Università di Padova. Ogni riferimento ambientale crea un fatto oggettivo di struttura. Adeguandosi ai dati fisici dell’ambiente, Scirpa crea come un supplemento di animo, una situazione poetica nella poesia stessa del luogo, del monumento, della natura. Il fatto di adoperare questo linguaggio della complementarietà strutturale, ha dato a Scirpa come una seconda sensibilità, una sensibilità di tipo sintetico ambientale.
L’uso quotidiano crea una neutralità percettiva soprattutto quando si tratta di ambienti celeberrimi, di siti prestigiosi, già predigeriti dal nostro apparato sensitivo. Il modo in cui Scirpa sottolinea questi elementi quadrati, rettangolari, spiraloidi, circolari, è come un linguaggio della poesia nella ragione. Poter creare questo discorso a doppia voce, è come ammaestrare il sentimento e la bellezza di una composizione musicale. Il discorso di Scirpa non si limita a questa bellezza trascendentale del momento; penso ad esempio alla bellezza folgorante del suo intervento sul Ponte dei Sospiri di Venezia, un respiro di altissima qualità nel sospiro dell’architettura tradizionale. No, il discorso così bello può anche allargarsi e diventare un fenomeno di effusione naturalista. Nel sito famoso della tomba di Archimede, in Sicilia, Scirpa afferma una proposta d’intervento quasi sintetica: il mirino di un  bersaglio che s’inserisce nella roccia creando come un cuore, un polmone, una visione trascendentale della realtà oggettiva. La prospettiva quadrata (si tratta di una sovrapposizione di tubi, lineare, di fori, di spazi) s’inserisce sotto il frontone del monumento tagliato come un’incisione in rilievo sulla roccia e facendo parte di essa stessa. La posizione della struttura di Scirpa è letteralmente spostata dall’asse verticale del frontone. Questo spostamento crea come un monumento di vita, come un  elemento dinamico che corrisponde a un fenomeno esistenziale. La bellezza di quest’intervento sul sito naturale già elaborato dagli uomini tanti secoli fa , risiede nella continuità del discorso strutturale. Il rigore geometrico del discorso di Scirpa, s’inserisce nella perfetta continuità del discorso greco, del discorso dei suoi antenati della Magna Grecia. E’ un discorso di fedeltà ad una cultura, ad un mito diventato parametro operativo della ragione e della poesia e qui siamo proprio in media res, cioè nel cuore dell’argomento, ragione e poesia. Questa è la vera dimensione del talento di Scirpa, la sua nutrizione culturale nel pensiero.
Gli schemi operativi di Scirpa sono legati a questa visione strutturante della natura che fa parte della nostra eredità umanistica. Ricreare un umanismo quotidiano e contemporaneo, non è certo cosa facile.L’argomento per Paolo Scirpa è uno stimolo e anche una fine in sé. Il suo intervento razionale diventa poesia nella misura in cui con la giustezza e la precisione della scelta operativa non è mai un attentato contro la natura,il sito, il monumento. Certo che il discorso di Scirpa può sembrare enfatico ma questo tipo di enfasi è un segnale d’allarme e di coscienza.
Siamo con lui sull’erta, la cosa bella deve essere considerata e concepita come tale. Scirpa calligrafo della luce elettrica, è anche un uomo di dovere e di alta moralità. Scirpa ci dà da vedere il bello come più bello e lo fa con tutte le energie della sua sensibilità e della sua cultura. Mi domando, ogni tanto, vedendo le sue stupende vedute, le sue stupende fotografie che cosa potrebbe essere il sito dell’intervento senza l’aiuto di una cultura tecnologica e sensibile. Infatti dopo aver visto i progetti visivi di Paolo Scirpa, ho l’impressione di non poter vedere le cose da me già vedute Venezia, Milano, ecc. con lo stesso occhio e la stessa emozione.
Se devo, dopo Scirpa, rivedere la Piazza San Marco, la rivedrò come una cosa nuova e mi rendo conto che al di là della meccanica poetica dell’artista, al di là del rigore del suo metodo, al di là dell’intelligenza dei meccanismi dell’azione dell’intervento, Paolo Scirpa, mi offre una opportunità unica, quella di pulire la mia visione blasé esaurita dalla ripetizione e dall’abitudine. Paolo Scirpa mi fa rivedere il quotidiano con la sorpresa come una lettura percettiva e in questo senso mi aiuta a vivere, a vivere meglio, a sentire più profondo, a essere più coscienti di noi stessi.
Milano, 24 settembre, 1986