Alternativa ludovisiva. Progetto d’intervento n. 251, 1994. Fotomontaggio. Arco della pace, Milano
Ci sono artisti che sfuggono a classificazioni precise, quelle per intenderci che fanno capo alle coordinate definite di una sola tendenza dominante. Paolo Scirpa è uno di questi: ma lo è in modo singolare. In effetti, il suo lavoro ha caratteristiche molto chiare, con sviluppi estremamente coerenti, ma allo stesso tempo complessi perchè non riducibili a un percorso unico, lineare, dal punto di vista dei metodi e delle tecniche utilizzate.
Scirpa è un artista che rientra nell’area della cosiddetta arte programmata? Oppure può essere considerato un esponente di quelle ricerche all’incrocio fra pop art e Nouveau Réalisme? Oppure ancora è situabile nel contesto di quegli operatori che affrontano problematiche legate agli spazi ambientali e urbani? La prima risposta può essere la seguente: Scirpa è tutto questo insieme, e lo è in termini non contraddittori, grazie a una libertà creativa senza condizionamenti aprioristici e, soprattutto, a una poetica di fondo unitaria. Nel suo lavoro entrano in gioco tutti i temi e le questioni fondamentali che hanno caratterizzato gli aspetti più vivi della stagione artistica degli anni Sessanta e Settanta.
Innanzitutto la messa in questione radicale dei limiti tradizionali dell’operare artistico e la volontà di aprirsi ad esperienze estetiche che coinvolgono direttamente la realtà esterna sia dal punto di vista spazio-temporale, sia da quello politico e sociale, nel senso di un’analisi critica della società dei consumi e della civiltà urbana.
Scirpa è affascinato dalla possibilità di costruire, attraverso le sue opere realizzate con mezzi tecnologici elaborati, inedite condizioni di fruizione dello spazio reale in rapporto alla dimensione virtuale. Con le sue originali strutture geometriche di neon luminosi, anche multicromatici, ha aperto la strada alla percezione di visioni prospettiche virtuali all’infinito: spazi di una geometria fantastica e razionale che sfondano le barriere architettoniche, muri o pavimenti, degli ambienti dei luoghi espositivi. Ci si trova davanti a dei “pozzi” o “tunnel” virtuali che da un lato creano suggestioni inquietanti, ma dall’altro hanno un carattere vitalistico e ludico. E, per la verità, quest’ultimo aspetto è quello do minante: non a caso l’artista ha intitolato questi lavori “ludoscopi”.
Ma Scirpa non si è limitato a lavorare all’interno degli spazi espositivi canonici. La volontà di andare al di là dei confini ristretti delle gallerie, ha messo in moto un processo di coinvolgimento degli ambienti urbani e in particolare dei monumenti architettonici più noti delle nostre città. Con tecniche di fotomontaggio, ha progettato interventi di trasformazione e vitalizzazione percettiva e spaziale, a volte anche intenzionalmente provocatori, per esempio del Colosseo, di San Petronio a Bologna, di Piazza San Marco a Venezia e a Milano della Galleria Vittorio Emanuele. Naturalmente si tratta di progetti utopici di intervento che intendono sollecitare una nuova dimensione del rapporto con la città e con i suoi monumenti più rappresentativi, un rapporto attivo e fantasioso, ludico e creativo, che cancelli il grigiore della passività dell’abitudine quotidiana. In qualche occasione, ovviamente in contesti meno intoccabili, l’artista è riuscito a realizzare veramente questi interventi.
Un altro aspetto molto interessante della sua ricerca è quello relativo alla critica della civiltà dei consumi. Mantenendosi fedele alla sua vocazione di costruttore di nuovi spazi e di dinamiche fughe prospettiche, Scirpa ha realizzato con metodi neocostruttivisti ma con spirito neodada dei lavori e delle vere e proprie installazioni a muro con scatole di confezioni di ogni tipo di prodotto. Un’accumulazione ipertrofica che si pone come denuncia, ironica ma seria, di una condizione di totale alienazione dell’uomo diventato solo più passivo consumatore. Tra i lavori più efficaci di questo tipo c’è quello che presenta una grande accumulazione di scatole di prodotti che fa sfondo a una greppia di paglia con un Bambin Gesù. Una chiara denuncia della trasformazione dei valori spirituali in valori commerciali che ormai contraddistingue i nostri Natali.
In molte di queste accumulazioni entrano in gioco, in modo visualmente iterattivo, le strutture dei “ludoscopi”, in modo tale da creare una divertente situazione di spaesamento linguistico.
Per Scirpa la creatività ludica è una cosa seria: attraverso la tensione dinamica delle sue costruzioni reali e virtuali cerca sempre di lavorare per la salvaguardia dei veri valori umani, quelli che sono veramente essenziali nella vita.
Milano, dicembre, 1995