Scirpa, che aveva alle spalle le serie Sole (1966-68) e Habitat (1969-72), nelle quali erano già ottemperati risultati di vertigine visiva e di sprofondamenti prospettici, giocati sulla iterazione e/o sull’accumulazione anche giustapposta di elementi meccanoformi o geometrici, talora oggettuali, è subito, dopo l’utilizzo di composizioni in vitro di sfere plastiche metallizzate (serie Espansione e traslazione bifrontale,1973), con le quali già tentava di ottenere forme immateriali di colore e disegnare geometrie di luce nello spazio, che raggiunge appieno il suo scopo con la serie dei Ludoscopi in cui il neon è coniugato con specchi per l’ottenimento di iperspazi.
Naturalmente queste insolite soluzioni non potevano lasciare indifferente un artista della luce e dell’ambiente come Gianni Colombo, che infatti Scirpa frequenta, come pure altri esponenti del gruppo T di Milano. L’immaterialità della luce attizza nel siracusano curiosità elettroniche, attirando l’attenzione nel ’77 del cibernetico Silvio Ceccato. Ed è da esse che nascono le esperienze computerizzate dove Scirpa ha modo di approfondire le problematiche dell’immaterialità e dello spazio virtuale. Probabilmente è per reazione a tale personale sprofondamento nell’immaterialità e nello spazio virtuale che, collateralmente a proliferazioni di “tracciati” multicolorati al neon (Ludoscopio: Convergenza e divergenza cromospaziale,1982), l’artista negli anni Ottanta avvia un recupero dello spazio reale con i fotomontaggi di interventi progettuali su architetture (serie Progetto d’intervento,che già nel 1983 superarono il centinaio), dal Forum des Halles di Parigi al Madison Square Garden di New York, dal cortile di Brera al Grande Arco del Tempio Helan di Kyoto, dalla vera da pozzo del Cortile del Palazzo Ducale di Venezia all’interno del teatro anatomico dell’Università di Padova.
Ormai le direttrici della ricerca di Scirpa sono definite, così i fotomontaggi interessano zone archeologiche, come il Teatro Greco e la Tomba di Archimede di Siracusa, l’Arco di Tito di Roma, ed ancora monumenti quali la Galleria Vittorio Emanuele di Milano (Progetto d’intervento n. 246, 1992), l’Arco della Pace di Milano (Progetto d’intervento n. 251, 19942), il Monumento a Sandro Pertini di Milano, per “rispazializzarlo” (Progetto d’intervento n. 249, n. 250, 1995), e persino opere d’arte, mentre la serie dei Ludoscopi si avventura in creazioni di luminose interferenze visivo-spaziali a struttura circolare, quadrangolare, radiale, a combinazioni prismatiche, a profondità metastabile, fino a particolari reinvenzioni di trame (Reinventare uno spazio virtuale, 1995) con una ricchezza di soluzioni che si ribaltano sulla superficie nei dipinti ad acrilico di suggestivi effetti optical, attinenti anche a modularità componibili e si sviluppano nei praticabili (Ludoscopio Praticabile a Raccordo seminterrato, 1989) che hanno un pendant nei Percorsi comunicanti.
Bologna, 2000