Dodici cerchi come dodici universi senza confini: “Noi attraversiamo l’infinito a ogni passo e in ogni momento ci troviamo faccia a faccia con l’eterno”. In questo verso di Tagore sembra riconoscersi Paolo Scirpa (Siracusa, 1934, vive a Milano) che nelle sue opere luminose ci conduce in un mondo di vibrazioni, di specchi, di inganni dell’occhio. E non a caso, l’opera realizzata si intitola proprio “Vibrazioni di luce”, a sottolineare il senso più autentico di una lunga e complessa ricerca che l’artista conduce sin dagli anni Settanta in cui prevale l’illusione, un perdersi d’incanti con superfici specchianti che evocano profondità fittizie. Paolo Scirpa mette in scena un gioco di simulazioni, focalizzando la sua ricerca sull’ambiguità del vedere e sul concetto di percezione: opera sfruttando l’artificio e la finzione, usando per le sue giocose installazioni (che infatti chiama Ludoscopi) neon, specchi e strutture scultoree come ironici e surreali iperspazi di luce. Guardate queste sfere e immergetevi. Sono “buchi” prodigiosi, pozzi magici senza spazio né tempo da dove dire a tutti: è stato bello, grazie e addio.