Percorsi comunicanti, 1987
[…] Dagli anni Sessanta Paolo Scirpa ha investigato le possibilità percettivo-illusorie della luce, definendo un’iconografia riconoscibile, indipendente da qualsiasi movimento artistico e all’insegna della libertà espressiva. Dagli anni Settanta sostituisce l’iconografia bidimensionale con la modularità di uno spazio oggettuale che luce e specchi trasformano in Ludoscopi, sculture rigorosamente minimaliste, dotate di un sistema di specchi e luci al neon bianche e colorate, con l’intenzione di suggerire una percezione di profondità illusorie in cui si annulla la barriera tra limite del reale e fittizio, aprendo un ponte tra arte e scienza, umanesimo e tecnologia. Nei Ludoscopi si manifestano fenomeni di convergenza e divergenza cromo-spaziali, espansione e traslazione, rimandi e dilatazioni tra la luce fisica e quella illusoria. L’introduzione degli specchi nelle ideazioni plastiche (cubo, parallelepipedo, cilindro) valorizza “abissi” percettivi illusori e autoreferenziali in cui lo spettatore si rispecchia.
Scirpa ha incentrato il suo lavoro sulla possibilità di realizzare con mezzi tecnologici la fruizione dello spazio reale in rapporto alla dimensione virtuale, in cui la luce diventa uno strumento di scrittura spaziale e lo spazio è la somma di diverse propagazioni luminose. Dal cubo, al parallelepipedo, al cilindro, s’intrecciano percorsi di luce intersecati sulle diagonali trasversali delle strutture stesse, in cui il fruitore ha la sensazione quasi di galleggiare dentro a dimensioni luminose evanescenti”.
C’è sempre il neon nel suo fare luce sulla volontà di rendere visibile una misteriosa tensione verso l’infìnito, nel ripensare la pittura in oggetti scultorei e ambienti che evocano variazioni della percezione dello spazio. Il neon per Scirpa da forma alla trascendenza della luce, come epifania dell’assoluto dal quale proveniamo e a cui tendiamo, oggettivizza una dimensione simbolica, come l’oro nei mosaici bizantini.
Scirpa si allontana dalla fascinazione oggettuale di struttura, fisicità o ricerche ottico-cinetiche sviluppate dall’Arte programmata, per una ricerca di infìnitudine più “romantica”, interiore, attraverso neon, specchi forme cubiche, geometriche o vortici luminescenti per simulare spazialità illusorie, dove il nostro sguardo inciampa tra il fìnito e il non finito che la luce include. Le sue opere sviluppano intersezioni e traslazioni tra pittura e scultura, in cui la luce e le sovrapposizioni di segmenti al neon con strutture modulari inscenano una dimensione ideale-spirituale dell’arte, metastorica e qui il valore metafisico e strumentale coesistono in forme pseudo scientifiche dove s’infrangono prospettive di luce illusoria in voragini ipnotizzanti.
Precursore di ricerche intorno alla percezione e alle ibridazioni tra luci e colore, anche attraverso video innovativi, Bruno Munari ha evidenziato un aspetto ludico di Scirpa, che dagli anni Ottanta presenta interventi progettuali sul territorio. […]