[…] Dei praticabili in pianta cruciforme collocano lo spettatore, nonché nel cuore stesso dell’opera, in una situazione ambientale che non è più quella dell’esperienza ordinaria, ma neppure comporta una modificazione fisica complessiva degli statuti percettivi. Camminando sopra/nell’opera, lo spettatore avverte le proprie condizioni corporee fondative – lo stare verticale, il rapporto tra la propria verticalità e l’orizzontalità dell’appoggio – modificate, e verrebbe da dire minacciate, dall’affondare dello sguardo in queste vertiginose prospettive […]
Flaminio Gualdoni, 6 settembre, 2000
Operando sui perimetri delle tre forme basilari: il triangolo equilatero, il quadrato e il cerchio e applicando le due più semplici regole della simmetria: la traslazione e l’espansione, Scirpa progetta degli oggetti tridimensionali e delle pitture dove la luce (per gli oggetti tridimensionali) e il colore, danno effetti particolari…Negli oggetti tridimensionali Scirpa compone delle traslazioni di perimetri di forme visualizzati con luce al neon. In queste scatole nere l’ordine delle traslazioni di questi perimetri luminosi inizia subito dentro la scatola e si moltiplica fino all’infinito. Nasce così un effetto prospettico come un tunnel di cui non si vede la fine, fatto di tanti segmenti uguali a distanze uguali. Questa suggestiva prospettiva sveglia nell’osservatore sensazioni di varia natura con una prima percezione di cose note ma un finale ignoto. Sono come dei buchi verso l’ignoto, come un terminale video orientato non si sa dove, sono delle perforazioni dello spazio ottico. Una penetrazione nello spazio dove puoi partire seguendo le prime tracce ma poi ti perdi nel buio dove c’è assenza di gravità e di forme.
Nessuno, finora, è andato in fondo a questi buchi per raccontarci che cosa ha visto.
Bruno Munari, Milano 1980
[…] “Calligrafo della luce elettrica” - così lo ha definito Pierre Restany. Scirpa non ha tuttavia mai rinunciato alla pittura, l’ha considerata sempre un pensiero parallelo alle molteplici esperienze che lo hanno portato a sperimentare intersecazioni, traslazioni ed espansioni capaci di stimolare i meccanismi della mente […] Le tele evocano le sovrapposizioni dei neon in movimento. I colori si dilatano come bagliori luminescenti. Le linee – luce si intersecano abolendo il loro reciproco confine. I piani acquistano peso in relazione alla capacità dell’occhio di andare oltre l’intreccio stabilito. Le strutture si moltiplicano all’infinito con la sensazione di una simulazione spaziale della profondità […]
Claudio Cerritelli, dicembre 2003
[…] Scirpa ha cercato d’inserire le sue strutture linguistiche in ambiente preesistente, ambienti di alto prestigio ed anche di fortissima presenza oggettiva. L’artista ha cercato di affrontare le più spericolate difficoltà ambientali confrontandosi con il Colosseo di Roma, la Piazza San Marco a Venezia, il Ponte dei Sospiri, la Galleria Vittorio Emanuele a Milano […] Scirpa calligrafo della luce elettrica, è anche un uomo di dovere e di alta moralità. Scirpa ci dà da vedere il bello come più bello e lo fa con tutte le energie della sua sensibilità e della sua cultura […]
Pierre Restany, 24 settembre, 1986
[…] Il progetto per il teatro greco ha invece l’obiettivo di sottolineare la purezza formale della sequenza di semicerchi che si collegano progressivamente, a partire dalla scena, o che viceversa si “concentrano”. Scirpa ha posto anche al centro della scena una sua struttura circolare, in modo da proseguire, sul piano virtuale, lo sviluppo della forma ad imbuto. E’ un lavoro questo che sembra voler sottolineare, in modo quasi tautologico, che al di là degli infiniti spettacoli che sono stati lì rappresentati e di quelli che saranno fatti in futuro, lo spettacolo resta sempre lo stesso. Riguardo al teatro greco è stato anche realizzato un progetto in scala 1/10 come opera indipendente rispetto al contesto ambientale […]
Francesco Poli, 25 giugno, 1997
[…] Paolo Scirpa ha ideato una forma che ricorda quella dello specchio concavo (almeno, pensiamo che fosse tale…), con elementi metallici mobili, di una lucentezza abbacinante che restituisce per prima cosa la luce, poi la sensazione remota di una forma/idea perfetta, tanto perfetta da catturare il sole, e piegarlo alle esigenze della città, quasi che la scienza fosse una virtù civile. Gli archi di cerchio, gli “spicchi” mobili della scultura, fanno di quest’opera qualcosa di continuamente mutevole […]
Marco Meneguzzo, dicembre 2006
[…] L’artista ha preso a interrogarsi sulla natura e la ragione della propria identità culturale, e l’ha ritrovata non in un concetto, bensì, inevitabilmente verrebbe da dire, in un’immagine: l’Annunciazione di Palazzo Bellomo, che vale Siracusa, per lui, più d’ogni altro pur straordinario segno […] Quell’immagine Scirpa ha assunto e, accantonati per una volta i panni dell’arguto provocatore visivo, ha scelto di amplificare amorevolmente, facendo della propria inserzione una sorta di alito del divino, della luce assoluta, entro la scena […]
Flaminio Gualdoni, luglio 2003
[…] La composizione delle sue lastre incise s'infittisce nel disegno delle "cattedrali" d'acciaio sulla solitudine della campagna, o di certe assurde topografie di città morte […] Spesso la pagina incisa di Scirpa è chiusa in una circonferenza che sembra roteare come un sole, ma a vuoto, un sole spento o un magma di ferro e zolfo, come se in questi astri si fosse scatenata una di quelle tempeste che sconvolgono l'equilibrio dell'ago magnetico e delle maree […]
Antonino Uccello, maggio 1967
[…] Penso che le interferenze strutturali di questo “Habitat”, di questa sua, direi, “topologia metamorfica ed emblematica”, hanno condotto Scirpa a visualizzare una sorta di iconografia dell’urbanistica e dell’architettura, iconografia che la sua immaginazione ha portato dal livello di verifica a quello artistico di metafora poetico-visiva. In fondo, quella di Scirpa, è una volontà di partecipazione ai problemi e alle conseguenze che affronta l’uomo all’interno del gigantismo di certe città oggi. Una comunicazione dunque rispondente ai fatti di una storia vivente.
Pedro Fiori, marzo 1972
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